mercoledì 31 dicembre 2014

I danni dell'eccessiva precocizzazione

Uno dei motivi che (mi/ci) spingono alla critica dei modelli femminili mainstream che vengono presentati alle bambine è che essi le inducono ad un'eccessiva precocizzazione, portandole ad indentificarsi già a sei, sette o nove anni con adolescenti o giovani fanciulle che pensano, agiscono e parlano come, appunto, adolescenti e giovani fanciulle. Questi modelli presentano alle bambine un universo per cui non sono ancora pronte né fisicamente, né psicologicamente, un'universo fatto di amore, di cotte, di infatuazioni, di rivalità femminile, di fidanzati, di trucchi, di abiti all'ultima moda.
Ne avevo parlato qui, facendo riferimento a una nota telenovela in voga fra le bambine.

Uno/a psicologo/a potrà spiegarvi molto meglio di me perché l'eccessiva precocizzazione (ossia lo spingere le bambine ad assumere atteggiamenti adolescenziali) sia dannosa e metta a repentaglio uno sviluppo armonioso della loro persona. Tutto quello che posso dire io, usando della semplice logica, è che mi sembra logico, appunto, che ogni età abbia i suoi tempi, le sue scoperte ed i suoi mezzi per farle e che una continua pressione in avanti (avanti dove poi?) abbia come conseguenza la perdita di qualcosa di fondamentale, ossia la perdita della possibilità di costruire le fondamenta per l'edificazione della nostra persona e del nostro io. Fondamenta che dovrebbero essere "installate" proprio nella nostra infanzia. Questa precocizzazione spesso causa, se non dei veri e propri traumi, sicuramente molto stress (è incredibile il quantitativo di stress a cui vengono sottoposte le bambine). Insomma, posso dire solo questo.
E posso raccontarvi una storia.

E' una storia di cotte e di forzature, una storia che ha come protagonista mia sorella. Mia sorella, che in questo racconto chiamerò - per ragioni a me note - Lily, a 10/11 anni aveva un amico. In realtà era un amico di entrambe, perché faceva parte di un gruppetto di bambini/ragazzini che frequentavamo entrambi. L'Amico era uno di quei bambini che amano attirare l'attenzione su di sé con scherzi, battute e comportandosi generalmente da "maialini", motivo per cui non godeva di particolare stima fra il genere femminile, nonostante ciò l'Amico era anche simpatico, altrimenti non sarebbe stato nostro amico e a un certo punto della nostra storia, Lily e l'Amico presero a passare parecchio tempo insieme, a ridere molto e a lanciarsi qualche sguardo furtivo. Lily e l'Amico si erano innamorati.
Ma come? Direte forse voi Non vorrai forse dirci che sono questi i temutissimi danni della precocizzazione delle bambine, una cotta fra bambini. Non lo sai che è perfettamente normale per degli undicenni sperimentare l'innamoramento, avere una persona con cui stanno particolarmente bene, sentire il cuore che batte, le guance arrossate e comprendere che questa emozione è qualcosa che non è esattamente "amicizia", ma è qualcosa d'altro? Vuoi impedire ai bambini la scoperta dell'amore? No, non voglio impedire ai bambini proprio un bel niente, adesso ascoltatemi senza interrompere perché so bene anche io che un innamoramento non c'entra con i modelli femminili precocizzanti e fin qui, nella storia, non c'è nulla di sbagliato o di dannoso.
Dunque, Lily e l'Amico si erano innamorati, si sedevano quasi sempre vicini e si sorridevano sempre. Accadde pure che un giorno l'Amico, colto da un improvviso attacco di galanteria, le portò in regalo un orrendo peluche comprato in qualche cartoleria che ancora (r)esiste da qualche parte a casa nostra. Nonostante la sua palese bruttezza, a Lily piacque tanto e lo posizionò sul comodino accanto al letto. Ciò che invece non piaceva a Lily era sentirsi chiedere costantemente da adulti e bambini: <<ma siete fidanzati? Ma state insieme? Ma è il tuo ragazzo?>> anzi a dire la verità lo detestava, perché lei non sapeva se l'Amico fosse il suo ragazzo o no e non ci voleva nemmeno pensare, non le importava molto della parola "fidanzato", lei voleva solo passare del tempo con l'Amico come avevano sempre fatto, come stavano continuando a fare, voleva giocare con lui, raccontare barzellette, magari appoggiargli addirittura la testa sulla spalla, senza che nessuno ci mettesse il becco. Perlomeno, la madre di Lily, che capiva perfettamente lo stato d'animo della figlia si guardava bene dal farle queste domande e persino suo padre (il canzonatore della famglia) mostrò un tatto inusitato. Per quanto riguarda la sorella maggiore, meno si parlava dell'argomento e meglio era, perché a dirla tutta era anche un po' gelosa che l'Amico le stesse "portando via" sua sorella. Insomma, Lily e l'Amico erano felici e tutto sarebbe potuto andare avanti così per molto tempo e forse (ma non si può mai sapere, quando si parla di faccende di cuore, come diceva un libro che leggevo da piccola) quando sarebbe finito l'idillio, sarebbe rimasto comunque il bel ricordo, ma non andò così, altrimenti io non avrei nulla da raccontare sui danni della precocizzazione.
Lily, oltre all'Amico, aveva anche un'amica, una delle sue poche amiche femmine a dire la verità. Questa amica, spinta probabilmente anche dal "bel" clima che si respirava in quel postaccio di scuola dove erano confinate, lei, Lily e la di lei sorella, dove all'intervallo i bambini avevano preso la bella abitudine di appostarsi vicino alla coppietta della settimana per spingerli a baciarsi pubblicamente, disse a Lily senza tanti complimeni che lei e l'Amico dovevano baciarsi, un bacio vero, come quelli che si danno gli adulti. Di tutte le cose che Lily voleva fare con l'Amico, baciarlo come fanno gli adulti era tra le ultimissime, perciò la bambina procrastinava e procrastinava. Purtroppo, nel giro di poco tempo a incalzare con la tiritera del "dovete baciarvi come fanno gli adulti" si aggiunsero anche le amiche in comune di Lily e di sua sorella e, anzi, tanto fecero, che decisero pure dove dovevano darselo, questo benedetto bacio, su una panchina, logicamente, il trono di tutti gli innamorati. Gli adulti, intanto, continuavano a sdilinquirsi e a lanciare gridolini e risatine ogni volta che vedevano l'Amico e Lily passare, neanche stesse arrivando l'auto degli sposi e tutti erano così insistenti e non la finivano più di dire che dovevano baciarsi su quella maledetta panchina, un bacio con la lingua e Lily era sempre più irritabile, sempre più triste, sempre più scontenta. Perché non la lasciavano in pace? Perché non poteva semplicemente camminare al fianco dell'Amico (che cominciava a sentirsi imbarazzato quasi quanto lei), magari dargli la mano e occasionalmente, quando non gli vedeva nessuno, un leggero bacetto sulla guancia? Perché non potevano giocare a nascondino o a pallavolo con gli altri e pensare a che regalo si sarebbero fatti per il compleanno? Perché avevano dovuto rovinare tutto?
Andò a finire che un pomeriggio Lily ce lo portò l'Amico su quella benedetta panchina e lo lasciò, perché stava era diventato tutto troppo difficile e se qualcuno, adulto o bambino, le avesse ancora parlato di baci, panchine e compagnia bella, si sarebbe messa a piangere dalla stizza. Questo però non lo disse all'Amico, perché non trovò le parole e così il bambino, messo semplicemente davanti al fatto che la sua amica del cuore non solo lo stava ufficialmente lasciando, ma credeva pure fosse meglio che non fossero più nemmeno tanto amici, prima si arrabbiò, poi pianse, poi addirittura telefonò a Lily per chiederle di tornare ad essere quello che erano prima, quella cosa che forse non aveva un nome, ma che era tanto bella e piacevole, come una coperta calda, ma Lily fu irremovibile.

Fu così che mia sorella perse l'amico del cuore di cui era innamorata ed io imparai molto tempo dopo che se versi una bottiglia d'acqua su un germoglio lo uccidi, anche se potrebbe diventare una bellissima pianta.
A tempo debito.

martedì 23 dicembre 2014

Pelle d'oca

Come? Non scrivo da Settembre? Come vola il tempo quando gli esami sono all'orizzonte, ma ora basta parlare di me, largo all'argomento di questo post davvero poco natalizio. Siccome è da un bel po' di tempo che non parlo esplicitamente di modelli o prodotti destinati all'infanzia che trovo positivi (se non per altro, per un'infanzia libera da stereotipi di genere) ho deciso di farlo adesso, parlando di una collana di libri per bambini che se siete cresciuti, come me, tra gli anni '90 e i primi anni 2000 conoscerete molto bene.

Pelle d'oca,
stai attento,
stai per prenderti
uno spavento!* 

Piccoli Brividi, in inglese Goosebumps (letteralmente Pelle d'oca da cui nasce il titolo del post) è una serie di libri per bambini scritta dallo statunitense R.L.Stine di genere horror. Vi ricordate i libri che le vostre maestre delle elementari non volevano vedere circolare fra i banchi additandoli come pattumiera e minacciandone il sequestro? Sì, sono proprio questi. Eppure probabilmente molti di noi hanno sviluppato amore o almeno interesse per la lettura anche grazie anche a loro. I libri sono economici, le storie sono avvincenti, si leggono velocemente e il finale non è mai banale. Certamente non si sta parlando di capolavori della letteratura per l'infanzia e non intendo suggerire agli insegnanti di aggiungere Piccoli Brividi alla lista di libri per le vacanze accanto a "La fabbrica di cioccolato" (a proposito, ma sono l'unica a trovare Willy Wonka un personaggio odioso nonostante il libro ai tempi mi sia anche piaciuto?) e "Ascolta il mio cuore", ma io penso che spesso basti una storia accattivante per accendere in un bambino la scintilla della lettura e questi libri certamente lo sono, accattivanti. Di cosa parlano dunque le storie? E' presto detto. I racconti di Piccoli Brividi sono, appunto, storie dell'orrore per bambini, diciamo dai sette agli undici anni (anche se non mi piace classificare i libri per età e non sono palesemente capace). Sono quasi sempre narrati in prima persona, il protagonista è un ragazzino o una ragazzina spesso di un'età fra i nove e i dodici anni ed è sovente affiancato/a da un comprimario, spesso il fratello, la sorella o l'amico del cuore. Nel corso del romanzo, protagonista e comprimario fanno spiacevoli incontri con creature spaventose e sovrannaturali, quali mummie maledette, pupazzi stregati, golem de fango, spettri malinconici e fattucchiere vendicative, fissate con le buone maniere. Per liberarsi di queste spiacevole presenze e delle loro maledizioni, i ragazzini si servono del loro ingegno e del coraggio, ma quasi sempre a ribaltare le carte in tavola, nel bene o nel male, è un'intuizione particolare, l'intervento di un insospettabile personaggio secondario o un colpo di scena che regala ad ogni volume un finale a sorpresa tipico del genere horror (la protagonista scopre di essere un fantasma, piuttosto che un mostro, il pericolo che si credeva scampato si ripresenta, eccetera). Come ho già detto, non si tratta di capolavori, ma di romanzi innocui che possono soddisfare il desiderio dei più piccoli di avvicinarsi all'horror (si sa che spesso i bambini tra le elementari e le medie sono irrimediabilmente attratti da film, libri e leggende metropolitane "di paura" e allo stesso modo tremendamente spaventati), senza incappare in porcherie come questa (ultimo grido fra i decenni di mia conoscenza).
Parliamo di uno dei motivi per cui ancora oggi li ricordo con piacere e li consiglierei a dei giovani lettori: la parità di genere. I libri scritti da Stine sono più di ottanta, ovviamente non li ho letti tutti (facciamo una quindicina) e non andrò certo a controllare la trama di ognuno, ma in linea di massima posso affermare che, tra protagonisti e comprimari, si alternano maschi e femmine. I comportamenti dei ragazzi non sono dettati dal loro genere, non ci sono qualità e difetti tipicamente maschili o femminili. I bambini vivono spaventose avventure provando paura, terrore, esultanza, sollievo, sorpresa, disgusto, indipendentemente dal loro sesso. Sono richiamati ad affrontare le propria paure e a trovare una soluzione rapida per mettersi in salvo che siano giovani ragazze o giovani ragazzi. I pregi e i difetti, le speranze e le paura non sono la prerogativa di un sesso determinato, né di una generazione determinata, ma patrimonio comune di tutti e credo sia questo il motivo per cui, nonostante la semplicità, i libri hanno avuto molto successo tra entrambi i sessi. Tutti i bambini desiderano farsi degli amici e si sentono tristi se non vi riescono, tutti cercano di apparire al meglio davanti ai coetanei anche quando si sentono insicuri, si sentono spesso incompresi o sfiduciati dagli adulti che sono distanti, ingiusti e non comprendono, sono affascinanti dalle leggende di mostri e spettri e terrorizzati quando le loro più intime paure si materializzano nella realtà.
Del resto, il sovrannaturale e l'orrorifico hanno sempre affascinato e spaventato sia i maschi che le femmine ed ognuno di noi probabilmente si ricorda di un racconto dell'orrore sentito dagli amici una sera della sua infanzia che è rimasto impresso nella sua memoria o di un edificio particolarmente suggestivo che ha immaginato essere infestato dai fantasmi. E siccome da bambina mi dilettavo a inventare storie su case stregate e bambole dell'orrore, terrorizzando in egual misura i miei coetanei sia maschi e che femmine, ho voluto scrivere questa nota positiva su Piccoli Brividi. E' infatti una serie di libri che ci insegna una grande verità: davanti a un lupo mannaro assetato di sangue urliamo tutti allo stesso modo.
;)

*Lo so, lo so che è una citazione presa dalla serie televisiva, ma non ho resisito. Pignoli.

Nel caso questo post vi abbia particolarmente interessato e muoriate (letteralmente) dalla voglia di leggere uno dei libri, vi do i miei tre titoli preferiti: la scuola maledetta, il fantasma della porta accanto e il mistero del lago gelato (un altro molto carino è "ectoplasmi!" il che mi suggerisce che forse sono un po' troppo ossessionata dai fantasmi...).

martedì 9 settembre 2014

Il fenomeno Violetta e la precocizzazione delle bambine



Cari lettori, torno ad occuparmi del blog dopo un lungo periodo di latitanza. Avrei voluto scrivere molto prima, ma eventi del tutto indipendenti dalla mia volontà mi hanno tenuta molto occupata in questi mesi e non ho avuto il tempo di sedermi ed elaborare un nuovo post ed è un vero peccato, perché occuparmi di certe tematiche e confrontarmi con le vostre risposte mi edifica molto. :)

Bando alle ciance, oggi volevo parlare di una telenovela argentina che ha avuto grandissimo successo in Italia, soprattutto fra le ragazzine, sto parlando di Violetta.

Alcuni giorni fa, Martina Stoessel, l’attrice-cantante protagonista della serie, è volata fin qui per incontrare Papa Francesco ed esibirsi, in occasione della partita della pace, con una canzone. Nel descrivere l’incontro tra i due connazionali i giornali hanno ribadito la fama del personaggio, un vero e proprio idolo per moltissime bambine italiane. Se di queste ultime noi curiosi prendessimo un campione di età compresa, diciamo, fra sette e dodici anni e ponessimo loro la semplice domanda “Conosci Violetta?” molto probabilmente riceveremmo una unanime risposta affermativa. Importante (sebbene non totale) sarebbe anche la percentuale di bambine che non solo conoscono ma che guardano la telenovela con grande piacere. Se ancora non fosse bastato l’incontro con il Papa o l’annunciata e seguitissima tournée italiana a farci capire la notorietà del personaggio, ci basterà dare un occhiata in giro: guardare nei negozi di giocattoli, nelle librerie, nelle cartolerie; dove scoveremo con estrema facilità una quantità notevole e a volte eccessiva di bambole, microfoni, cd, libri, giornalini, diari, astucci, zaini, ma anche patatine, caramelle, gelati (giuro che quest'estate mi sono imbattuta nel gusto Violetta), palloncini con una faccia sorridente di quindicenne stampata sopra e una firma viola e svolazzante. Questa è Violetta. Quando un programma è di successo il suo declinarsi in ogni tipo di prodotto per l’infanzia ed apparire ovunque (dal diario di scuola alle mutande firmate) ormai non sconvolge più di tanto, succede con Peppa Pig, con i Supereroi, con le Principesse Disney e prima ancora era accaduto con Winnie the Pooh, con I Gormiti, con le Winx… Sappiamo troppo bene per scandalizzarci che la nostra è una società capitalista e consumista, una società che ha bisogno di creare consumatori, che non appena trova qualcosa, o qualcuno, che ha successo tra i potenziali acquirenti, giovani e non, esso viene spremuto per ricavarne profitto e affiancato a qualunque bene di consumo per renderlo più desiderabile e per farne vendere più campioni.

Io, però, non voglio scrivere un post per denunciare il sistema economico in cui viviamo (non ho le conoscenze, né le competenze per farlo), quanto discutere della telenovela Violetta e del suo pubblico, analizzarla un po’, esprimere i miei dubbi su un fenomeno tanto di successo.
Innanzitutto la trama: come ogni telenovela che si rispetti, lo scheletro che tiene su la storia è piuttosto semplice e viene arricchito di puntata in puntata con colpi di scena, morti, tradimenti, riconciliazioni, nuovi personaggi, scomparse, ritorni e quant’altro. Qui la storia generale vede una quindicenne di belle speranze, Violetta appunto, molto dotata per il ballo e il canto, che vorrebbe fare di queste passioni il suo lavoro. Il suo sogno è però inizialmente ostacolato dal padre, memore dell’incidente avvenuto molto tempo prima alla consorte, famosa cantante, morta proprio durante una tournée, rendendo la figlia orfana di madre. Grazie all’aiuto della sua istitutrice, in realtà sua zia, Violetta riesce a iscriversi ad una prestigiosa scuola di musica, lo Studio 21, dove inizia l’ascesa verso il successo, stringe nuove amicizia e dove, soprattutto, incontra una rivale e conosce l’amore.

Alessio Cappuccio per il sito blogosfere.it ha commentato sulla serie: "Violetta si inserisce sul filone di Il mondo di Patty: ovvero avventure adolescenziali-sentimentali trattate con piglio seriosamente divertito. Una specie di Beverly Hills all'acqua di rose per teenager". Sono abbastanza d’accordo con l’analisi generale di Cappuccio del fenomeno Violetta e ve la linko qui, nel caso qualcuno avesse voglia di leggerla. Tuttavia, non sono completamente d’accordo con la frase estrapolata, per il semplice fatto che più che di Beverly Hills per teenager, guardando Violetta, sarebbe più adatto parlare di Beverly Hills per bambine. Di fatto, le teenager vere disdegnano i telefilm "all'acqua di rose", ma guardano Beverly Hills, 90210, The O.C. (questo è un po’ vecchio), Sex and the City e Glee. Sono le loro sorelline o anche solo le vicine di casa più giovani che guardano Violetta. Guardiamo i numeri, in Italia gli ascolti più alti si registrano nella fascia delle telespettatrici dai quattro ai quattordici anni, un campione decisamente vasto. Se dovessimo fare la media matematica ne risulterebbe che la telespettatrice media di Violetta ha nove anni (14+ 4= 18; 18/2= 9), il che è plausibile vista la quantità di giocattoli e vestiti che portano il suo brand, il numero di inserti a lei dedicati su siti come, bambini.eu o movieforkids, il suo successo al Kids’ Choice Awards, la cover di “All’alba sorgerò” (la popolarissima canzone del film Frozen) di Martina Stoessel... Tutto porta a pensare che il pubblico della telenovela sia composto essenzialmente da bambine e da tweenies (pre-adolescenti, ragazzini e ragazzine dai 9 ai 12 anni), mentre i suoi protagonisti sono quindicenni alle prese con le problematiche tipiche della adolescenza, permeate da un più cool e sempre presente sogno di ottenere fama e successo. La nostra spettatrice tipo di Violetta, ricordiamolo, ha 9 anni e ogni pomeriggio segue le vicende di una idol di quindici. Viene così proiettata in un mondo diverso dal suo, altro, che lei crede sia quello che l’aspetterà fra qualche anno (non vede l’ora) e che vivono già le sue sorelle maggiori o le sue cugine. Ecco cosa trova in questo mondo:
Rivalità femminile. È un mondo dove le ragazze più talentuose devono competere e schiacciarsi vicendevolmente, sul palco come nella vita, un mondo dove la Migliore (la regina incontrastata dei superlativi, la più talentuosa, la più bella, la più popolare con i ragazzi, la più di successo) può essere solo una. Se è vero che la nostra Violetta ha due amiche (Camilla e Francesca), è anche vero che molto più spazio e popolarità, sia sullo schermo che tra le fan, ottiene la sua arci nemica e rivale Ludmilla, una sorta di anti Violetta, talentuosa e bella quanto lei, ma cattiva, spietata, disonesta e capricciosa così all’eccesso da risultare parodistica e ottenere l’affetto e l’ammirazione delle bambine a casa molto più delle anonime amiche della protagonista. Queste non hanno alcun talento particolare se non lo stesso di Violetta (cantare e ballare), ma in misura sensibilmente inferiore e sembrano destinate all’eterno ruolo di comparse, quasi a suggerire che l’amicizia fra ragazze è possibile solamente se gerarchica e l’amica fedele è tale perché non può aspirare a nulla di meglio; se appena diventa qualcosa di più della semplice spalla non può restare nel gruppo, ma deve cercarsene un alto da guidare, diventando magari una nuova rivale. Due amiche femmine, nel mondo di Violetta, non sembrano poter stare sullo stesso piano, né competere amichevolmente, né essere entrambe intelligenti o talentuose, deve essercene per forza una che superi l’altra.
Già quello dell’amicizia obbligatoriamente gerarchica dove esiste la protagonista e la migliore amica uno scalino sotto di lei, mi pare un messaggio triste, soprattutto per bambine delle elementari o che si affacciano alle scuole medie, ma non è il solo che se proposto a spettatrici così giovani perplime. Vediamone un altro
I ragazzi e l’amore. Nel pieno rispetto delle telenovelas, l’amore in Violetta non può mancare. Ricordiamo che i personaggi sono quattordici, quindici, sedicenni ed è plausibile che vi siano delle sotto trame di cotte, innamoramenti, fidanzamenti, gelosie e intrighi forse anche un po’ eccessivi ma non scandalosi. A proposito di scandalo, è interessante notare come, pienamente coscienti del fatto che il prodotto è destinato più alle bambine che alle teenager, gli sceneggiatori abbiano completamente epurato le vite di questi adolescenti dal sesso. Non solo in Violetta non si fa sesso (elemento che invece viene esasperato in altri teen-drama, specificatamente per teenagers, come Glee o La vita segreta di una teenager americana, dipingendo quindicenni e sedicenni come persone che fanno sesso o che hanno la concreta possibilità di farlo molto più di quanto non avvenga nella realtà e creando magari un senso di inferiorità in quei telespettatori a casa che al sesso sono naturalmente interessati, ma non lo hanno ancora sperimentato), ma di sesso non si parla nemmeno, non vengono fatte allusioni (fatta eccezione per qualche personaggio adulto che va incontro a una gravidanza, o più sovente la simula per incastrare il ricco belloccio di turno), è un elemento che, irrealisticamente, viene completamente censurato. Così come viene censurato il nudo, il linguaggio volgare, il fumo, la droga (parlo di semplici canne) e tutto quello che in generale preoccupa i genitori dell’adolescenza. Sesso, droga e rock and roll. Le cotte però permangono e in particolare la nostra Violetta si innamora di due compagni di scuola, il sensibile e distaccato Tomas e il ribelle ed arrogante Leon (quest’ultimo avrà infine la meglio), inizialmente fidanzato con la perfida Ludmilla (dunque alla fine Violetta non avrà la meglio su Ludmilla solo nel campo del talento, ma anche in quello amoroso, quasi a ricordare che chi “vince” nella vita, deve vincere in tutto). Insieme al prevedibile triangolo, non mancano personaggi con cui Violetta e le sue amiche intrecciano storie veloci, danno baci sbagliati, che frequentano e di fatto illudono per dimenticare un amore passato. L’amore che fa male, i “ti amo” detti come se piovesse, la difficoltà di dimenticare il ragazzo che ha fatto soffrire, la relazione finita male. Tutti questi elementi, presentati alla nostra solita telespettatrice di nove anni non sono un po’ precoci? La censura ipocrita del sesso non basta a rendere un programma adatto a delle bambine. Riteniamo giustamente il corpo e la psiche dei bambini e delle bambine non ancora abbastanza sviluppati per fare sesso, ma spesso sorvoliamo sul fatto che allo stesso modo la loro mente non è ancora matura per provare quei sentimenti, come l’amore, il desiderio, la passione, che poi inevitabilmente e naturalmente portano anche al sesso. Ecco il controsenso, mentre molti genitori sono attentissimi nel censurare ai figli qualsiasi rimando alla sessualità nella vita reale per proteggerli e non precocizzarli, non lo sono altrettanto nel non precocizzare i loro sentimenti, il modo di pensare, l’approccio al mondo e all’altro da sé ed è alle bambine che si rivolgono questi messaggi precocizzanti.
Alla fine, ciò che pensa la nostra tipica telespettatrice di nove anni guardando Violetta è “voglio essere come lei”, pensiero apparentemente innocuo per i genitori proprio perché si tratta della tipica brava ragazza, intelligente ma non troppo, brava a scuola, diligente, generosa, di talento e ostinatamente vergine, ma che ha atteggiamenti e prova sentimenti tipici di una quindicenne, che fa e dice cose da adolescente che vive in un mondo di adolescenti. Questo modo di essere Violetta viene bramato, desiderato e introiettato dalle bambine, che assumono atteggiamenti che sarebbero naturali e conformi allo sviluppo fisico e mentale suo e dei coetanei tra cinque o sei anni.
Il peggio, forse, è che questa precocizzazione colpisce molto di più le bambine, separandole dai coetanei maschi, creando una frattura. I primi vedranno sempre più le femmine come qualcosa di alieno, di incomprensibile, di diverso, con cui non è possibile stabilire un rapporto di parità, di amicizia, di alleanza. Stupide, civettuole, ma soprattutto lontane dal loro mondo. Allo stesso modo anche le seconde vedranno i coetanei come qualcosa di diverso, per i quali si può provare fastidio, “odio”, “amore”, ma con cui non si può realmente stabilire un rapporto alla pari perché non si parla la stessa lingua e magari saranno interessate ai bambini più grandi o ai ragazzi che assomigliano di più a un Leon o a un Tomas. Violette intrappolate nel corpo di bambine di nove anni.
Come se non bastasse, non è insolito che nel giornalino di Violetta (incredibilmente simile a riviste come Top girl o Ragazza Magazine) vi siano pubblicità di serie tv dichiaratamente per teenager o articoli su trucchi, moda, pettegolezzi e tutti argomenti generalmente destinate lettrici di quattordici o sedici anni.
Forse avrete sentito anche voi la frase “le ragazze maturano prima dei ragazzi” e c’è certamente qualcosa di vero, soprattutto dal punto di vista fisico (generalmente le bambine raggiungono la pubertà prima dei coetanei), ma mi chiedo se non si stia calcando un po’ troppo la mano, spostando la pubertà femminile uno scalino sempre più basso e togliendo alle bambine una fetta sempre più ampia di infanzia. Un periodo della vita giudicato da tutti così prezioso e delicato che sembra incredibile quanto gli stessi che lo ammirano e lo difendono si adoperino in tutti modi per accorciarlo.
Soprattutto nelle bambine.

Se non ne avete ancora abbastanza :P linko una breve intervista ad una psicologa che ho trovato in rete. Eccola!

lunedì 21 aprile 2014

I desideri

Questo post è dedicato a tutti coloro che sono convinti che i bambini e le bambine siano profondamenti differenti in quanto maschi e femmine e che in virtù del loro sesso giochino in maniera diversa, si comportino in maniera diversa, pensino in maniera diversa e sognino in maniera diversa. Questo post è dedicato a tutti coloro che credono che, indipendente dall'ambiente in cui crescono, i maschi facciano i maschi e le femmine facciano le femmine.
Vi propongo un esperimento
Si prenda un foglio di carta bianca e vi si disegnino sei grandi stelle gialle, all'interno di ogni stella si scriva la parola "vorrei", poi in cima a quel foglio, in grande, "Le stelle cadenti" e più in basso "esprimi i tuoi desideri nelle stelle cadenti". Si lasci poi che i bambini (diciamo più o meno dai sei agli otto anni di età visto che l'esercizio è pensato per le seconde elementari) scrivano i loro sogni. E' importante che il foglio dato ai bambini sia bianco e pieno di stelle gialle, senza brand di alcun tipo, niente Barbie, niente Pokèmon (nulla di personale, io adoro i pokèmon), niente principesse o supereroi, insomma nulla che possa suggerire ai bambini un desiderio.
Ecco che cosa ho ottenuto io
Vorrei avere tanti amici
 Vorrei andare sulla luna
Vorrei che i pesci diventassero amici miei
Vorrei saper volare
Vorrei vedere i delfini
 Vorrei essere magic* 

Facciamo un paio di osservazioni, nessun desiderio riguarda giocattoli né cose da possedere (in questo caso non c'è nemmeno un animale domestico). Voglio specificare che questo esercizio è stato svolto durante l'estate, quando chi ha scritto i desideri non stava per compiere gli anni, e non durante il periodo natalizio. Proprio il periodo estivo potrebbe aver condizionato il desiderio numero tre e il desiderio numero cinque, che magari non sarebbero stati espressi a Novembre o a Febbraio se si considera anche che chi ha svolto l'esercizio vive in una grande città lontana dal mare. La domanda che vorrei porre ai gentili lettori è la seguente, quali desideri sono stati espressi da un bambino e quali invece da una bambina? Tra questi desideri ce ne sono alcuni maschili ed altri femminili? Voler andare sulla luna è un desiderio da uomo o da donna, e desiderare tanti amici?
Secondo quali parametri un bambino dovrebbe voler qualcosa che una bambina non vuole? Io, se mi venissero messi davanti questi desideri, sinceramente non saprei dire quali siano stati espressi da un maschio e quali da una femmina e se azzardassi delle risposte probabilmente sarebbero sbagliate. 
Se però voi siete convinti che la differenza fra bambini e bambine sia così netta provate pure a indovinare se i vari desideri sono stati espressi da un Marco o da una Giovanna. Pensateci in fretta perché sto per darvi la soluzione.
Prima però alcune precisazioni.
Chi ha espresso i desideri aveva una televisione e guardava i cartoni animati regolarmente.
L'età media di chi ha espresso i desideri è di sette anni e mezzo
Chi ha espresso i desideri aveva visto la maggior parte dei film Disney
I desideri sono stati espressi più o meno tredici anni fa.
Chi ha espresso i desideri non è stato cresciuto/a in maniera del tutto scevra da condizionamenti di genere, ma ha sentito dire "femminuccia", "maschiaccio", "principessa", ha sentito dire che alle femmine piace il rosa ed ai maschi il calcio, ha indossato un grembiulino del colore associato al suo sesso, è crescito/a, insomma, immerso nella società e non in una grotta.
Tutti i desideri sono stati espressi da una bambina.
Ringrazio quella bambina per avermi fatto condividere i suoi desideri e per mettersi davanti a me ogni giorni, per giudicare le mie scelte, per ascoltarmi, per dirmi in faccia senza peli sulla lingua cosa sono diventata e se questo qualcuno le piace o no, se io sono quello che aveva sognato per lei tanti anni fa. Spero di non dimenticarla mai, perché quella bambina ha gettato le fondamenta della donna che sono ora ed io la ringrazio.
Nel caso non vi fosse ancora chiaro, quella bambina ero io a sette anni e mezzo.

lunedì 7 aprile 2014

Timmy Turner è femminista?

Parliamo di un cartone animato abbastanza popolare, Due Fantagenitori. Potreste conoscerlo, ma riassumo la trama.
Timmy Turner è un ragazzino di dieci anni con due genitori molto impegnati, i quali lo lasciano quasi quotidianamente delle grinfie di una baby-sitter, la malvagia Vicky, che lo maltratta e tormenta senza pietà. Oltre a Vicky, Timmy deve vedersela anche con Francis, il bullo della scuola, Trixie Tang, l'amore disperatamente non corrisposto e una carriera scolastica non proprio brillante.
Ma per fortuna ad affiancare Timmy ci sono i suoi due Fantagenitori (o padrini fatati), due folletti provenienti dal magico Fantamondo, che vengono assegnati ai bambini trascurati dagli adulti e che hanno il potere di esaurire tutti i loro desideri (purché conformi a una serie di regole, non si possono desiderare soldi ad esempio, non si può fare del male a nessuno e la magia non può in alcun modo condizionare l'amore). Ovviamente, nessuno deve sapere dell'esistenza dei due Fantagenitori, fuorché Timmy.
Ora vorrei analizzare questo divertente cartone dal punto di vista degli stereotipi di genere.
Nella maggioranza degli episodi Timmy nutre per "le femmine" il disprezzo tipico dei ragazzini della sua età, tanto da affermare nell'episodio "un desiderio sprecato" che chiedere di trasformarsi di una femmina per capire meglio i desideri della gia citata Trixie Tang per il suo compleanno sarebbe, appunto, un desiderio sprecato. Lo stesso episodio offre diverse posizioni nei confronti degli stereotipi di genere, vediamole insieme
Innanzitutto, I Fantagenitori Cosmo e Wanda decidono di "punire" Timmy per la sua affermazione trasformandolo effettivamente in una bambina. Una bambina vestita in maniera assurdamente frivola per la sua età, con minigonna, stivaletti col tacco, trucco e borsetta. I vestiti, inoltre, sono completamente rosa (attenzione, il colore dei personaggi è un punto su cui tornerò più tardi). Ora Timmy diventa così Timantha e nella sua testa si affollano pensieri femminili che ricalcano perfettamente gli stereotipi di genere: unicorni, arcobaleni, servizi da té e nuvolette rosa. Tuttavia, la sua nuova "femminilità" non gli impedisce di trovare allettante un negozio di fumetti, dove inizia la sua ricerca per il regalo perfetto. In questo negozio finisce per contendersi con un misterioso ragazzino l'ultimo volume della fantomatica saga "Lo spappolatore di teschi", la contesa volge a favore di Timantha che scopre così che il ragazzino non è altri che Trixie Tang travestita, una bambina, la bambina più alla moda e popolare della scuola (dotata anche lei di gonnellina bianca e stivaletti con il tacco). L'intero episodio diviene così una messa in discussione delle attività da maschi e da femmine. Se a Timmy (anche prima del miracoloso cambio di sesso) piacciono le telenovelas (aspetto presente solo in questo episodio) e i trattamenti di bellezza, Trixie ama i fumetti, i videogiochi e gli animali disgustosi. Dice Trixie a Timmy "se i ragazzi facessero più cose da ragazze, anche noi faremmo le loro". Insomma, in questo episodio pur partendo dall'assunto che i maschi e le femmine siano di due pianeti diversi si arriva con comicità ed ironia alla messa in discussione del dogma e alla conclusione che i due sessi hanno molte più cose in comune di quello che sembra e che è possibile che ai ragazzi piacciono attività femminili e viceversa.
Peccato però che un altro episodio supporti invece la tesi di maschi e femmine come due diversità inconciliabili e complementari (non tanto biologicamente quanto caratterialmente). In questo episodio Timmy, dopo essere stato umiliato sempre dalla famosa Trixie Tang il giorno di San Valentino decide di porre rimedio alle sue sofferenze amorose con un desiderio radicale, desidera che il mondo venga diviso in maschi e femmine. Assistiamo così pochi frammenti dopo alla rappresentazione del mondo maschile e del mondo femminile ed è un mondo colmo degli stereotipi più triti e banali. La metà maschile infatti e sporca e puzzolente, i suoi abitanti si dilettano con grigliate, sport, prese di wrestling e gare di rutti. Dall'altra parte invece in un mondo di fronzoli e rosa, le donne e le ragazzine cavalcano bianchi destrieri e s'ingozzano di cioccolata provandosi abiti, scarpe e dilettandosi con la pulizia di numerosi utensili domestici. Questo episodio usa dunque gli stereotipi di genere per generare comicità e situazioni esilaranti e presenta inoltre una visione del mondo rigidamente eteronormativa. Difatti, il tema centrale dell'episodio è che con gli uomini e le donne separate, l'angioletto Cupido non può più ricevere l'energia che ottiene di solito dall'amore degli umani. 
Parliamo adesso dei colori associati ai diversi personaggi della serie animata.
Cosmo e Wanda sono i due simpatici padrini fatati di Timmy, marito e moglie. Cosmo ha gli occhi e i capelli di colore verde, ogni volta che si trasforma in un utensile o un animale per mimetizzarsi nell'ambiente circostante il colore che mantiene è sempre il verde prato. Cosmo è anche essenzialmente stupido, non sa usare bene la magia, i suoi incantesimi hanno spesso disastrosi effetti collaterali ed è il membro del trio più credulone e facilmente raggirabile anche se, come la moglie, è genuinamente affezionato a Timmy e farebbe di tutto per proteggerlo. Wanda ha i capelli e gli occhi rosa e ogni volta che si trasforma in qualcosa (animale, oggetto), questo qualcosa è di colore rosa shocking. E' lei la mente del gruppo, l'esperta di incantesimi e del libro della regole del mondo fatato, oltre ad essere anche colei che spesso pone rimedio alle disastrose conseguenze dei desideri di Timmy. Questo suo essere il deus ex machina della situazione la pone nella posizione di prolungarsi spesso in petulanti ramanzine e ammonimenti, per le quali viene ritenuta rompiscatole dai due maschi del gruppo, ruolo, quello della rompiscatole, che si confa allo stereotipo della donna.
Wanda e Cosmo, i due Fantagenitori
 Attenzione, però, il colore associato a Timmy Turner, il protagonista maschio della storia, è il rosa. Timmy indossa infatti in ogni episodio una maglietta e un cappellino rosa, molti dei suoi giocattoli, degli oggetti che usa a scuola sono rosa e questo da nessuno viene giudicato un atteggiamento da femmine o in qualche modo bizzaro o sbagliato.
Il piccolo Timmy Turner con maglietta e cappellino rosa

In un altro episodio ancora "Miss Dimmsdale" vengono messi in discussioni i ruoli di genere. Durante l'episodio viene infatti allestito un concorso di bellezza all'interno della cittadina di Timmy (che si chiam appunto Dimmsdale) la donna che risulterà vincitrice avrà diritto alla poltrona di Sindaco per un giorno. Alla gara partecipano numerose donne e ragazze, la già citata malvagia Vicky, la preside della scuola di Timmy e la sua stessa mamma. Alla fine a vincere il concorso è però un ospite a sorpresa, ossia il papà di Timmy che si presenta vestito e truccato da donna perché, come dice lui "non è scritto da nessuna parte che un uomo non possa essere bello e affascinante!"
Vedere un uomo adulto vestito e truccato come una donna in un cartone animato ha indubbiamente lo scopo di suscitare ilarità negli spettatori, tuttavia questa ilarità non passa attraverso la derisione e l'isolamento del personaggio in questione (un padre di famiglia vestito da donna). Con la sua vittoria sicuramente si vuole parodiare e smitizzare la pratica dei concorsi di bellezza e forse allo stesso tempo avvicinare ancora di più i due sessi scherzando con le differenze di genere. E' importante notare che un uomo vestito da donna viene presentato come ilare e divertente, ma non vergognoso, né disdicevole.
Nelle stagioni più recenti Cosmo e Wanda hanno un figlio, Puff. Bisogna innanzitutto dire che nel Fantamondo sono le fate maschio a restare incinte e a partorire (quindi Cosmo), non appena il bebé nasce il corso degli eventi non permette di appurare se sia un maschio o una femmina. Il mistero viene apparentemente svelato da Timmy non grazie a un tradizionale spannolinamento, bensì constatando che poiché alla fatina piacciono le macchinine giocattolo deve conseguentemente essere un maschio (anche questa scena ha evidentemente come scopo quello di suscitare ilarità). Puff quindi sarà pure un maschio eppure il colore dei suoi occhi e dei suoi vestiti è il lilla, colore assieme al rosa tipicamente femminile...
Non credo che Timmy Turner di per sé sia un'icona femminista, ma che alcuni episodi della serie televisiva invitino a una riflessione sull'intercambiabilità e la non rigidità dei ruoli di genere questo lo credo.
Mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni a riguardo


lunedì 10 marzo 2014

Le ragazze "indemoniate" del Fatto Quotidiano

Giuro che oggi avrei voluto scrivere tutt'altro post. Tanto per ritornare all'intento iniziale del mio blog, infatti avrei voluto parlare di un cartone animato e analizzarne sia gli stereotipi di genere al suo interno che gli aspetti positivi. Invece commenterò un articolo apparso di recente (giovedì scorso mi pare) sul Fatto Quotidiano sulle ragazze di oggi. Se volete leggere l'articolo per intero cliccate qui. Non voglio soffermarmi sulla pillola anticoncezionale (che è difficile da reperire per una donna adulta, figurarsi per una minorenne) e nemmeno sulla linea netta che separa le brave ragazze da quelle cattive (le cattive sono aggressive, fameliche, assetate di sesso; la buona è carina, guai a non sottolinearlo, sensibile e un po' bambina, ci suggeriscono le stelline disegnate sul braccio), non parlerò nemmeno dei maschi, i ragazzi, perennemente descritti come bamboccioni incapaci di intendere e di volere che sono alla totale mercé delle "indemoniate". Non ne parlerò perché lo hanno già fatto altri post, con alcuni sono d'accordo, con altri meno e vi linko qui il mio preferito. Ecco invece quello che voglio dire io sull'articolo.
Chiariamoci, sul sesso si raccontano e si sono sempre raccontate un sacco di palle. Suvvia siate onesti/e con voi stessi/e, non vi è mai capitato di gonfiare un po' la storia del vostro primo, secondo, quinto bacio e trasformarlo in qualcosa di più o di inventarvi di sana pianta una folle avventura estiva quando invece avete passato l'estate con i nonni ottuagenari di Caltavuturo a farvi raccontare la seconda guerra mondiale? Ricordo che quando andavo al liceo (fino a due anni fa) sul muro del bagno delle ragazze c'era scritto qualcosa come "quest'estate ho fatto l'amore contemporaneamente con due ragazzi, è stato bellissimo, voglio rifarlo", vi sembra attendibile? Sono queste le fantomatiche dichiarazioni su cui si è basata la Borromeo?
Da neo-ventenne con moltissimi amici ancora al liceo, sono pronta a scommettere che la maggiorparte delle ragazze (ma anche dei ragazzi) che vantano di essersi “trombate” questo e quello ed entrano in classe urlando “mi hanno stappata” con ogni probabilità non hanno mai nemmeno visto un ragazzo nudo. Inoltre confesso di aver sentito davvero ben poche coetanee parlare di sesso in maniera così “consumistica” e dalla stanza accanto mia sorella mi conferma di non aver sentito nemmeno lei nulla di questo tipo, fatta eccezione per una sua amica delle medie che faceva discorsi simili a quelli riportate dalla Borromeo, discorsi che erano, sì, avete indovinato, tutte palle. Quindi o sia io che mia sorella siamo finite nelle due classi, in due licei diversi per di più, più puritane della nazione oppure non fatico a credere che l’articolo sia molto gonfiato.
Concediamo però alla Borromeo il beneficio del dubbio. Concediamole per un attimo il lusso della nostra fiducia e crediamole quando ci dice che le ragazze di quel liceo (non "tutte le ragazze" perché neanche con tutta la fiducia del mondo non potrei fidarmi di tanta superficialità) parlano così. Io sono convinta che c’è un motivo, anzi diversi motivi.
Il primo che mi viene in mente è un meccanismo di difesa, ci si para come si può dalla mercificazione della donna. Gli uomini cambiano (più che altro sono spinti a cambiare) donna una volta a settimana? Va bene anche noi ci scopiamo più ragazzi possibile. Tu vedi la donna solo come una gnocca? Io vedo l’uomo solo come un cavatappi che mi deve “sverginare”. Tu mercifichi me? Va bene, io mercifico te. Non mi importa chi sei, il tuo nome, il tuo aspetto, non mi importa delle tue carezze, non mi importa se ci tieni a me, se mi ami, se ti piaccio, se ti sto almeno simpatica, non mi importa nemmeno che tu mi dia piacere. Voglio solo fare sesso, voglio usarti per perdere la verginità, tu non sei niente altro, perché niente altro per te sono io. E' il classico leitmotiv “Se non puoi batterli unisciti a loro”. Il corpo della donna è mercificato, lo vediamo tutti i giorni, i culi accanto alle notizie di femminicidio, gnokkatravels, le veline, le velone, donne nude per vendere qualsiasi prodotto, tutto ci comunica che alla fine della donna è questo che interessa, il suo aspetto fisico e la sua disponibilità a dare piacere sessuale all’uomo (nemmeno a riceverlo) il resto è fuffa.

Il gioco a premi per famiglie "Avanti un altro" in onda su Canale 5 alle 18.30












Cosa può fare una ragazza davanti a tutto questo? Forse può solo arrendersi. Non tutte lo fanno fortunatamente, ma alcune non riescono e non vogliono passare la loro adolescenza, forse la vita intera a lottare e quindi cedono le armi e accettano di essere una merce e fanno vedere che a loro sta bene essere una merce, perché così gira il mondo e ci dobbiamo svegliare e non essere ingenue che credono ancora alle favola (la favola che agli uomini e al mondo generale importi altro rispetto alla vagina). Gli uomini, gli adulti, la vecchia generazione ci ha propinato un sistema per anni e noi lo abbiamo accettato e ci sguazziamo benissimo, tanto da non essere più solo merci, ma diventare anche noi mercificatrici di corpi altrui.

Le ragazze vogliono essere "stappate" e liberarsi il più velocemente possibile della loro verginità? Forse è perché se non lo fanno spesso il risultato è questo.


Ora voglio dire una cosa. I ragazzi non sono stupidi, l’ipocrisia la imparano crescendo e prima ancora che a metterla in atto imparano a fiutarla, imparano prestissimo. Non ha senso ripetere alle ragazze “l’aspetto non è tutto” o “devi rispettarti” se poi chi lo dice due minuti dopo cerca “farfallina Belen” su youtube o guarda “Veline”. Non ha senso dire di farlo con una persona speciale, che si ama o di farlo solo perché si vuole farlo e non perché si deve, se poi sul web si dà addosso alle "fighe di legno", quelle che "ti ho offerto la cena, comprato i fiori, portato al cinema e tu ancora non me la dai? Allora vaffanculo!". Che senso ha raccomandare alle proprie figlie di non svendersi se poi si compra sesso dalle prostitute (che magari hanno la loro età o sono poco più grandi), ma credete davvero che i ragazzi e le ragazze non la vedano tutta questa falsità e non ne siano schifati? E sono ancora più schifati dalla morale che viene fatta loro, dovrebbero rispondere ai genitori (nella maggioranza dei casi) “ma senti chi parla”. Perché ci lamentiamo di questa generazione? Sono vent’anni almeno che gli prepariamo questa strada.





Donne brutte che si permettono di non soddisfare sessualmente chi le considera? Abominevole!!



lunedì 24 febbraio 2014

Quando la società è bulla

Non è spaccare i denti al bullo che fermerà il bullismo.





Dodici giorni fa scrivevo questo post sul caso del bullismo di Bollate. Da allora sono successe un po' di cose, ho iniziato a fare volontariato in una scuola elementare, ad esempio, e ho riflettutto a lungo su quello che nello scorso post avevo solo accennato: come si combatte il bullismo in una società che è in sé stessa bulla?
In molti hanno portato l'esempio della ragazza sovrappeso della campagna #nobodyshaming, il cui video su youtube è stato preso di mira da Striscia la notizia che lo ha inserito nella rubrica "I nuovi mostri" (raccolta di episodi divertenti/imbarazzanti accaduti di recente in tv o nella rete). Non è forse bullismo anche quello? Come mai questo non viene condannato mentre la rissa di Bollate sì?
Porto un altro esempo di cui non ha ancora parlato nessuno. Su facebook esiste un gruppo chiamato l'ODM, acronimo per Outfit di Merda, mentre scrivo questo post ha più di settantaduemila fan. Di cosa si occupa questo gruppo? Si occupa di collezionare foto di passanti vestiti, a detta dei fotografi, in maniera discutibile. Le foto possono essere scattate da chiunque ed a chiunque, vengono inviate agli admin della pagina e pubblicate in mondovisione accompagnate da frasi di scherno. Il commento con più like di una foto che sto guardando proprio adesso è "è un atto osceno in luogo pubblico" riferendosi all'abbigliamento di una signora fotografata da dietro. E' opportuno specificare che la maggioranza delle foto è scattata a persone contro la loro volontà, di nascosto. Inoltre, in questi casi, spesso ad essere criticato non è il capo di abbigliamento in sé, quanto il fatto che la persona non se lo "possa permettere" (di solito perché troppo grassa).
E' un'offesa al buon gusto, un insulto, un male per gli occhi, fa' schifo, deve rinchiudersi, vestita così non può uscire e anzi sarebbe meglio che non uscisse affatto. Sempre in questo gruppo (ma ne esistono molti altri così, ho solo scelto quello con il titolo più eclatante) una delle foto più recenti è stata scattata ad un'ignara ragazza alla quale s'intravedeva l'assorbente fra le mutande.
L'atteggiamento che spinge un* ragazz* a scattare la foto ad una persona in difficoltà o in una situazione imbarazzante e di metterla alla berlina in mondivisione invece di, magari, farle notare con discrezione della situazione senza farla sentire a disagio?
L'atteggiamento della maggiorparte dei commentatori di questo gruppo è proprio il tipico atteggiamento di un bullo: derisione, scherno, insulti, dare addosso in massa a una persona; eppure scommetto che queste persone avranno sicuramente sentito della rissa di Bollate, schierandosi dalla parte della vittima ed insignandosi per il comportamento della bulla, per il bullismo in generale.
Il primo caso non viene considerato bullismo, il secondo sì. Perché? Davvero non riusciamo ad accorgerci che rissa, un raid, un suicidio non sono altro che un finale che noi stessi stiamo scrivendo giorno per giorno? Davvero il solo modo che abbiamo per sentirci più forti è schiacciare chi è sotto di noi, così senza motivo, solo perché oggi è toccato a lui, sperando che il nostro turno non arrivi mai? Non c'è più forza nel provare, almeno provare, a tirarsi fuori da questa melma e dare la mano alla vittima? Opporsi al bullismo e non solo (non tanto) al bullo? 
Perché il bullo di oggi può diventare la vittima di domani proprio grazie al perverso meccanismo del bullismo che rimane il solo e inconstrastato vincitore.

P.S. Come ho già scritto ho iniziato a fare volontariato alle elementari e mi sto accorgendo che i bulli in potenza sono spessissimo bambini con moltissimi problemi, con una bassa considerazione di sé, bisogno di affetto e apporovazione. Il tempo per dare loro affetto ed aumentare la loro autostima prima che vedano nel bullismo l'unica soluzione possibile si accorcia ogni generazione di più.